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Consumismo: il primo male per l’ambiente

Sto redigendo questo articolo con il cuore in mano: in prima persona mi rendo conto di quanto gli acquisti che effettuiamo abbiano degli impatti negativi, in un modo o nell’altro, sull’ambiente. È di questo che voglio parlarvi, del fenomeno del “consumismo“: tantissimi lo conoscono, tanti ne parlano ma pochi ne sono consapevoli.

Farò ancora una premessa, il mio non vuole essere un discorso generalista e/o qualunquista, ma una seria e personale riflessione a seguito di un’attenta osservazione dello stile di vita mio e delle persone che mi circondano. Può sembrare difficile crederci perché ad esempio vi verranno in mente boutique equo-solidali, artigiani che lavorano materie prime sostenibili, brand emergenti che sfruttano gli scarti di produzione per realizzare propri pezzi, ecc. Tutti questi sembrano offrire una valida alternativa sostenibile e non impattante per l’ambiente rispetto alle attività commerciali più intensive e standardizzate.

La difficoltà al giorno d’oggi è quella di non farsi influenzare dalle pubblicità e dalle promozioni che continuamente ci bersagliano.

Ci avrete sicuramente fatto caso: da quando l’attenzione della massa nei confronti dell’ambiente è diventata più vivace e scrupolosa troviamo nelle pubblicità dei frequenti rimandi all’ambiente, che siano essi rivolti al packaging del prodotto oppure ad una componente energetica per realizzarlo, o ancora ad una fase del processo produttivo o agli impatti sul territorio che esso produce. (A proposito di questo, ti consiglio un mio precedente articolo che tratta di “Greenwashing“).

Non intendo dire che tutte le comunicazioni in tal senso sono fasulle e non applicate davvero. Credo che dei piccoli passi in avanti sia per questioni puramente di business sia quando guidati da un senso di propria etica, siano comunque stati fatti.

Però non dobbiamo fermarci qui. Non è sufficiente preferire un prodotto ad un altro.

Cosa penso veramente?

Con la “scusa” del comprare sostenibile, stiamo comprando troppe cose! E questa non è la strada, non è la soluzione.

Acquistare lo shampoo solido perché è meno inquinante, presuppone, allo stesso modo dello shampoo classico, che il processo chimico in aggiunta all’energia elettrica per realizzarlo siano state usate e quindi abbiano impattato a monte del processo di produzione.

Ma come lo shampoo, qualsiasi altra cosa! La valanga di abbigliamento vintage e fast-fashion usato che acquistiamo, continua a rilasciare micro plastiche nell’ambiente lavaggio dopo lavaggio, i capi acquistati e/o venduti tramite Vinted inquinano tantissimo essendo consegnati tramite trasporto su gomma (che è il più inquinante di tutti!).

In generale le aziende si stanno approfittando della nostra attenzione nei confronti dell’ambiente creando una patina di “eco-sostenibilità” su ogni prodotto che viene immesso sul mercato. Non dobbiamo cascarci. Non dobbiamo credere ad ogni accenno all’ambiente che viene fatto sull’etichetta o tramite la voce in pubblicità che espone doti e virtù dell’oggetto.

Il fenomeno del consumismo si sta trasformando in “eco-consumismo” creando effetti non meno dannosi.

E così oltre a danneggiare il Pianeta, si stanno prendendo gioco di noi.

Tutto questo è frutto di una mia personalissima riflessione, ma vorrei condividervi un paragrafo trovato sul sito della Stampa Giovanile che mi trova completamente d’accordo e anzi va a braccetto con le mie riflessioni.

«Come consumatori, dobbiamo affrontare una realtà dura e scomoda. Non possiamo uscire dalla crisi climatica e non possiamo cambiare il mondo senza sacrificio. Siamo stati abituati a pensare che se compriamo prodotti coerenti con la nostra filosofia green, allora determineremo un cambiamento più importante di quello che avremmo generato con il nostro attivismo. Comprare prodotti sostenibili è un’ottima mossa che fa sentire meglio i consumatori e arricchisce le aziende. Non è vero che siamo giustificati a comprare più di qualcosa solo perché quel qualcosa ha la certificazione di ecosostenibilità. L’eco-consumismo è infatti un ossimoro. Comprare più cose e descrivere la nostra identità attraverso le nostre scelte di consumo non ha nulla a che fare con l’ecosostenibilità.»

Questo articolo è stato scritto da Marta Panunzi, ideatrice di ecolibrista.it.
Il corso di studi magistrale in Economia dell’Ambiente e dello Sviluppo è stato di grande rilievo e d’ispirazione per poter lanciare questo progetto. L’intento è quello di divulgare sapere e consapevolezza riguardo la sostenibilità ambientale e di raccogliere best practices da parte di aziende e persone su questo tema.

Link blog: https://www.ecolibrista.it/

Contatti: info@ecolibrista.it

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